Presentazione della pubblicazione
Nel sessantennio della sua esistenza il Centro di studi filologici e linguistici siciliani si è affermato in campo nazionale e internazionale come uno dei più seri e produttivi centri di ricerca nei campi che gli sono propri. E ciò soprattutto in quanto ha potuto contare sulla conduzione sicura, insieme severa e coinvolgente, di tre studiosi siciliani che nel tempo ne hanno assicurato il funzionamento: Ettore Li Gotti, Giuseppe Cusimano e Giovanni Ruffino. Essi hanno sempre contato sulla collaborazione dei maggiori studiosi italiani e stranieri e il risultato dei loro sforzi è una stupefacente e imponente serie di pubblicazioni di alto livello e l’organizzazione di proficui incontri di specialisti di tutto il mondo.
Ma il Centro non ha mai dimenticato che la ricerca e la specializzazione non devono restare un privilegio di pochi. Evitando ogni tipo di approssimazione, si deve rispondere alle esigenze della società, dei tanti che hanno curiosità o bisogni ai quali non è opportuno che essi trovino risposte dilettantesche. Ogni scienza ha un lato necessariamente ostico ai più, ma conta se e perché i suoi risultati giovano potenzialmente a tutti. Questo accade nella medicina come nella fisica come nella filologia e nella linguistica.
È evidente a tutti, oggi, che la globalizzazione resa possibile dallo sviluppo delle comunicazioni e dell’informatica ha creato problemi cui è naturale che si reagisca con spinte verso il localismo. Una sana prospettiva impone invece una profonda ristrutturazione dei livelli di aggregazione politica e culturale. Se al di sopra delle nazioni ottocentesche si formano aggregazioni più grandi, come l’Unione Europea, al di sotto di esse recuperano importanza le identità locali, non tanto in contrapposizione o alternativa con quelle maggiori, ma in una dialettica feconda. Non avrebbe senso dire che dobbiamo essere europei o italiani o siciliani: dobbiamo essere europei e italiani e siciliani. L’identità siciliana deve essere dialetticamente integrata con quelle sopraordinate, non contrapposta ad esse.
In questo spirito l’apertura delle scuole ad una presa di coscienza dell’identità siciliana non è un deplorevole segno di provincializzazione: al contrario, indica la volontà di essere quanto mai pronti alle integrazioni, con la coscienza di chi siamo. La recente formazione di una società in cui è sempre più forte la presenza di immigrati dai più vari paesi del mondo rende altrettanto necessario che antichi e nuovi siciliani sappiano chi sono: l’identità si fonda sulla memoria.
Questi problemi generali delle società contemporanee acquistano una importanza particolare in Sicilia per una ragione evidente: i siciliani hanno una identità molto forte e specifica e allo stesso tempo tale identità nasce da una rete molto complessa di rapporti storici in parte determinati dalla stessa posizione dell’isola al centro del Mediterraneo. Tentare di presentare l’identità siciliana come autosufficiente, come qualche volta è stato fatto, sarebbe falso e risibile; ancorarla a presunti caratteri immutabili sarebbe negare l’evidenza di una storia di più di 2000 anni di conquiste, invasioni, immigrazioni, emigrazioni e soprattutto multiformi rapporti con altri popoli e con altre culture in tutti i campi: dalla religione alla lingua, dalle istituzioni all’agricoltura, dalle arti al commercio. Forte identità non significa chiusura in sé stessi, forse significa proprio il contrario.
Gli specialisti che il Centro di studi filologici e linguistici siciliani ha chiamato, sotto la guida di Giovanni Ruffino, a collaborare alla realizzazione di quest’opera, sanno che il loro compito è stato quello di esporre a un pubblico di insegnanti, di giovani studenti e di adulti curiosi quanto di più serio la ricerca ha accertato nei rispettivi campi. Rivolgersi a tutti non è per gli studiosi cosa sempre facile; ma è indispensabile e doveroso. Questo il Centro ha voluto fare e si augura di potere avere successo.
ALBERTO VARVARO