Bollettino n. 29 / 2018

 

 

 

AUTORE |  
TITOLO |   Bollettino n. 29
Curatore |  
collana |   Bollettino CSFLS
anno |
pagine |
ISSN |
2018
425
0577-277X
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SOMMARIO

Sarah Spence, Reading Against the Grain: Hypercorrection in a Medieval Cicero
Ferdinando Raffaele, Scritture esposte in volgare siciliano. III. Le figure votive del Convento della Croce a Scicli
Marco Maggiore, Ancora su testi astrologici in volgare siciliano: il Lunario del codice Marciano it. iii, 27 (5008)
Alessio Collura, L’Istoria di sant’Ursula di Antoni di Olivieri. Textus e contextus di un’agiografia in volgare siciliano del XV secolo
Luigi Alessandro Cappelletti, Le glosse interlineari volgari in caratteri greci del ms. Vat. Ott. Gr. 312 e una nota su alcune glosse dei mss. Criptense GR. Z. α. IV e Neap. II D 17
Tobia Toscano, Sestina siciliana a Firenze
Luisa Amenta, Egle Mocciaro, Il verbo vuliri in siciliano antico tra volizione e modalità
Francesco Maria Ciconte, La posizione del soggetto e dell’oggetto nel siciliano antico
Mariafrancesca Giuliani, Sul merid. scalfare: voce patrimoniale o di prestito? Un’indagine attraverso le geografie testuali e dialettali
Vito Matranga, L’adattamento dei prestiti siciliani nelle varietà siculoalbanesi: un contributo alle questioni fonetiche del siciliano
Francesco Scaglione, Vincenzo Pinello, Lessico, onomasiologia e contatto dialettale tra competenza, uso e rappresentazione metalinguistica nell’Atlante Linguistico della Sicilia
Fabio Ruggiano, Le cicalate di don Pippo Romeo, accademico peloritano
Sara Sorrentino - Da Fontanazza a Terra matta: i tagli testuali e la punteggiatura sovrapposta.

 

RIASSUNTI / ABSTRACT

Luisa Amenta - Egle Mocciaro, «Il verbo vuliri in siciliano antico tra volizione e modalità », pp. 147-176

Il contributo ha per oggetto una mappatura sistematica delle funzioni del verbo vuliri in siciliano antico con un’analisi degli slittamenti semantici dalla volizione ai vari comparti della modalità, sino a significati di tipo pragmatico-discorsivo. La base di dati su cui si è svolta la ricerca è costituita dal Corpus ARTESIA (archivio Testuale del Siciliano antico), che comprende testi della scripta dei secc. XIV-XVI. L’analisi del verbo vuliri in siciliano antico consente sia di avere spie diagnostiche per comprendere i significati assunti da tale verbo nel siciliano contemporaneo, sia di verificare la coerenza di questa varietà nel panorama italo-romanzo. Nella prospettiva del quadro teorico funzionalista, per l’analisi delle occorrenze abbiamo considerato i significati volizionali del verbo vuliri in cui è possibile rintracciare ancora una semantica relativa all’espressione di un desiderio o di una volontà; abbiamo esaminato il percorso che porta allo slittamento verso la modalità deontica e verso la direttività e infine abbiamo preso in esame le occorrenze che permettono di evidenziare significati pragmatico-discorsivi in cui si assiste a uno sviluppo del verbo vuliri come marca di tipo illocutivo, mettendo in luce come più significati convivono in una stessa fase sincronica di lingua quale quella considerata.

The contribution proposes a map of the functions of vuliri ‘to want’ in old Sicilian, with an analysis of the semantic shifts from volition to various sectors of modality as well as to pragmatic-discursive functions. The database on which the research is based is ARTESIA (archivio Testuale del Siciliano antico), which includes texts of the 14th-16th centuries. The analysis of vuliri in old Sicilian provides useful indications to understand the meanings of this verb in contemporary Sicilian, and at the same time it enables the assessment of the consistency of this variety in the Italoromance scenario. Grounding on a functionalist theoretical framework, the analysis accounts for the lexical semantics of ‘desire, will’, the path leading from volition to deontic modality and directivity and, finally, some emergent pragmatic-discursive meanings in which vuliri appears to develop an illocutive function. The analysis also highlights the synchronic coexistence of the diverse meanings constituting the semantic network of vuliri.

Luigi Alessandro Cappelletti, «Le glosse interlineari volgari in caratteri greci del ms. Vat. ott. Gr. 312 e una nota su alcune glosse dei mss. Criptense GR. z. α. IV e neap. II D 17», pp. 125-136

Il presente contributo intende studiare le glosse volgari interlineari in caratteri greci del ms. ott. Gr. 312, che si conserva nella Biblioteca Vaticana. Come si tenterà di dimostrare, le glosse sono ascrivibili al Salento medievale; condividono infatti alcune caratteristiche paleografiche, codicologiche, testuali e linguistiche con altre scritture coeve provenienti dalla Terra d’Otranto.
In seconda istanza vengono prese in considerazione, per proporne una nuova interpretazione, alcune delle glosse italo-romanze in caratteri greci edite da Melazzo del ms. criptense GR. z. α. 1 IV, e da Cacciola e De Angelis del ms. neap. II D 17.

The aim of this paper is to study the interlinear vernacular glosses written in Greek alphabet in ms. ott. Gr. 312, which is preserved in the Vatican Library. as I will point out, the glosses were produced in medieval Salento: they share features (palaeographic, codicological, textual and linguistic) with other contemporary texts from the Terra d’Otranto. In the end I will consider a few vernacular glosses among those edited by Melazzo (from ms. cript. GR. z. α. 1 IV) and those edited by Cacciola and De Angelis (from ms. neap. II D 17) in order to put forward a new interpretation.

Francesco Maria Ciconte, «La posizione del soggetto e dell’oggetto nel siciliano antico », pp. 177-203

Questo contributo esamina la posizione del soggetto e dell’oggetto in un corpus di testi siciliani datati tra i secoli XIV e XV. nella sintassi a verbo secondo (V2) tipica delle varietà romanze medievali, la posizione preverbale è accessibile ad ogni tipo di categoria sintattica. Pertanto, la prima posizione non è assegnata esclusivamente ai soggetti con funzione di Tema, ma può essere occupata anche da oggetti che fanno parte del Rema. Tuttavia, nel siciliano antico l’ordine SVo è il più frequente fra quelli ammessi dalla sintassi V2, mentre l’ordine oVS è raramente attestato. Inoltre, quando il soggetto è un Tema referenziale, cioè è già stato introdotto nel discorso, o è identificabile nel co(n)testo, e manifesta quindi i tratti semantici di definitezza e specificità, questo ricorre  prevalentemente in posizione preverbale. al contrario, quando il soggetto è un Rema, o costituisce con il verbo o con la frase intera un’unica unità rematica, questo tende ad occorrere in posizione postverbale. L’ordine VS sembra quindi ristretto solamente ad alcune strutture specializzate, come i costrutti esistenziali e le frasi presentative. Queste caratteristiche sembrerebbero indicare che il siciliano sia vicino ai tratti tipologici del romanzo moderno già nella fase antica, anticipando l’ordine basico, non marcato, SVo del romanzo moderno, e restringendo l’ordine marcato VS alle strutture tetiche.

This paper examines the position of the subject and of the object in a corpus of Sicilian texts dating from the14th-15th centuries. In the Verb-second syntax (V2) typical of the medieval Romance varieties, the preverbal position is available to any kind of syntactic category. Thus, the first position is not assigned exclusively to subjects with a Topic function, but can be occupied also by objects which are part of the Focus domain. However, in old Sicilian the SVo order is the most frequent among those licensed by the V2 syntax, whilst the oVS order is rarely attested. moreover, when the subject is a referential Topic, i.e. it has already been introduced into the discourse, or is identifiable within the co(n)text, thus manifesting the semantic traits of definiteness and specificity, it occurs prominently in preverbal position. By contrast, when the subject is in Focus, or is part of a predicate- or sentencefocus structure, it tends to occur in postverbal position. It thus seems that the VS order is restricted only to some specialized structures such as existential constructions and presentative sentences. These characteristics suggest that Sicilian is close to the typological features of modern Romance already in the early stage, anticipating the default, unmarked, SVo order of modern Romance, and restricting the marked VS order to thetic structures.

Alessio Collura, «L’Istoria di sant’Ursula di Antoni di Oliveri. Sul contesto e il testimone di un’agiografia in volgare siciliano del XV secolo», pp. 79-123

Tra le opere pubblicate da Giuseppe Cusimano nei due volumi che inaugurarono la «Collezione di testi siciliani dei secoli XIV e XV» si annovera la Istoria di sant’Ursula del catanese Antoni di Oliveri. Si tratta di un cantare siciliano in ottava rima datato al 1471 e conservato nel ms. Palermo, Biblioteca Comunale, 2 Qq B 91 (sec. XV ex). Il presente contributo affronta lo studio del testo agiografico edito da Cusimano [Basterebbe semplicemente “questo testo”] sullo sfondo della produzione letteraria siciliana del Quattrocento. In particolare, si mostra come l’attenzione rivolta alla santa bretone e alla sua leggenda non sia casuale dal punto di vista della storia della religiosità e delle mentalità medievali dell’isola. Il dato viene valutato e corroborato da due prospettive strettamente correlate: una ‘materiale’, relativa al confezionamento e alla fruizione di codici e miscellanee di natura religiosa nella Sicilia quattrocentesca; e l’altra collegata al rinnovato culto dei santi (e di Orsola, nello specifico), in sinergia con lo spirito dell’epoca, volto all’edificazione di un ceto aristocratico e borghese in via di consolidamento e di legittimazione.

The Istoria di sant’Ursula by antoni di Oliveri from Catania is among the texts published by Giuseppe Cusimano in the two inaugural volumes of the «Collezione di testi siciliani dei secoli XIV e XV». This hagiographic work is a Sicilian ottava-rima cantare dated to 1471 and is preserved in the late fifteenth-century manuscript Palermo, Biblioteca Comunale, 2 Qq B 91. This article examines the Istoria within the context of fifteenth-century Sicilian literature. In particular, it shows how the attention to Saint Ursula, one of the most popular Breton saints, and her legend is not fortuitous from the point of view of both the history of piety and the mentality of medieval Sicily. This argument is supported by two closely related approaches: first, it is demonstrated by the analysis, from a ‘material’ perspective, of the production and use of religious codices and miscellanies in fifteenth-century Sicily; finally, it is placed within the context of a renovated devotion to saints (and specifically of Saint Ursula), which appears to be interconnected with a sociocultural climate that aimed to edify a rising aristocratic and bourgeois class.

Mariafrancesca Giuliani, «Sul merid. scalfare: voce patrimoniale o di prestito? Un’indagine attraverso le geografie testuali e dialettali», pp. 205-255

Il contributo esamina la storia linguistica più antica del merid. scalfare con lo scopo di discuterne la probabile trafila etimologica (prestito d’origine galloromanza o voce patrimoniale?) non solo alla luce di aspetti formali ma anche alla luce della distribuzione delle testimonianze nei testi dei secc. XIII-XV. Se ne valuta la semantica e la condizione di concorrenza e convivenza con altre voci semanticamente affini (con particolare riguardo a scaldare, voce patrimoniale scarsamente attestata nei più antichi testi meridionali); si indagano inoltre le possibili relazioni con riferimenti testuali occitanici. Si punta a sondare la percezione linguistica che accompagna l’uso di scalfare nelle antiche attestazioni pervenute. L’indagine combina la prospettiva diatestuale con la prospettiva storico-linguistica e geo-linguistica.

The paper examines the most ancient linguistic history of the merid. scalfare with the aim of discussing its probable etymological tradition (is it a Gallo-Romance loanword or a patrimonial linguistic item?) not only in the light of formal aspects but also in the light of the distribution of the ancient evidence in the texts of the 13th-15th centuries. It evaluates the semantics of the word and the condition of competition and coexistence with other semantically similar items (with particular regard to scaldare, a patrimonial item rarely attested in the most ancient southern texts); the paper investigates also the possible relationships of the old Italian occurrences with occitan textual models. It aims to probe the linguistic perception that accompanies the use of scalfare in the surviving ancient documentation. The investigation combines the diatextual perspective with the historical-linguistic and geo-linguistic perspective.

Marco Maggiore, «Ancora su testi astrologici in volgare siciliano: il Lunario del codice marciano IT. III, 27 (= 5008)», pp. 39-77

Il manoscritto IT. III, 27 (= 5008) della Biblioteca nazionale marciana di Venezia è un importante e poco conosciuto testimone della cultura scientifica in volgare siciliano alla fine del medioevo, in particolare per quel che riguarda discipline come la veterinaria e l’astrologia. Il contributo è dedicato allo studio di un inedito testo astrologico in siciliano antico. Del testo si fornisce l’edizione critica, corredata di note linguistiche e di un glossario. Lo studio filologico consente inoltre di apportare novità sulla storia del testimone unico.

Manuscript Venice, Biblioteca nazionale marciana, IT. III, 27 (= 5008) is an important and scarcely known witness of late medieval scientific culture in Sicily, especially in regard to disciplines like veterinary medicine and astrology. The paper focuses on an astrological text in old Sicilian transmitted only by the Venetian manuscript. The first critical edition of the astrological text is provided, along with a linguistic analysis and a glossary. a philological survey leads to new acquisitions about the history of the manuscript.

Vito Matranga, «L’adattamento dei prestiti siciliani nelle varietà siculoalbanesi: un contributo alle questioni fonetiche del siciliano», pp. 257-271

Come è noto, le varietà italo-albanesi sono caratterizzate da una notevole presenza di prestiti romanzi, frutto del plurisecolare contatto con le varietà dei territori che li hanno ospitati. È altrettanto noto che i prestiti lessicali di una lingua minoritaria presentano in genere lo stadio conservativo e, per l’aspetto fonetico, le condizioni del periodo nel quale si sono acclimatati. Disponendo, allora, di un termine post quem sul piano storico (in ragione del fatto che la presenza degli albanesi in Sicilia risale al XV secolo) e di un precisa collocazione areale delle comunità albanofone, un’analisi attenta ai processi di adattamento fonetico-fonologico dei prestiti siciliani delle varietà siculoalbanesi ci consente di avere ulteriori dati utili alla valutazione di questioni non sempre pienamente chiarite circa lo sviluppo e la diffusione di alcuni tratti fonetici delle varietà siciliane. Dall’esame proposto nel saggio risulta che le condizioni fonetico-fonologiche dei prestiti siciliani nelle varietà siculoalbanesi non ci consentono di disporre di prove risolutive, ma costituiscono tuttavia un dato, a volte significativo, da tenere in considerazione nella ricostruzione delle tappe storiche e di alcune dinamiche diatopiche implicate nei processi di innovazione/conservazione di alcuni importanti tratti fonetici del siciliano.

It is a well-known fact that the Italian-albanian varieties are characterized by a considerable presence of Romance loanwords, a result of the century-old contact with the varieties of the territories that have hosted them. It is also well-known that the lexical borrowings of a minority language generally present the conservative stage and, for the phonetic aspect, the conditions of the period in which they are acclimatized. Thus, having a terminus post-quem on the historical level (due to the fact that the presence of albanians in Sicily dates back to the fifteenth century) and a precise areal location of the albanian-speaking communities, a close analysis of the phonetic and phonological adaptation processes of Sicilian loanwords in Sicilian-albanian varieties will allow us to collect further data useful for the evaluation of issues concerning the development and diffusion of some phonetic traits of Sicilian varieties, which so far have not been fully clarified. Our analysis clearly shows that the phonetic-phonological conditions of Sicilian loanwords in Sicilian-albanian varieties do not allow us to have crucial evidence, but nevertheless they constitute a sometimes significant datum which should be taken into account in the reconstruction of the historical stages and some regional dynamics involved in the processes of innovation/conservation of some important phonetic features of Sicilian.

Vincenzo Pinello - Francesco Scaglione, «Lessico, onomasiologia e contatto dialettale tra competenza, uso e rappresentazione metalinguistica nell’Atlante Linguistico della Sicilia», pp. 273-322

Il presente contributo si concentra su due diverse tipologie di dati tratti dal questionario sociovariazionale dell’Atlante Linguistico della Sicilia (aLS): da una parte, gli esiti lessicali relativi alle conoscenze e competenze lessicali, dall’altra, i dati percettivi riguardanti le differenze linguistiche in diatopia. Dopo aver illustrato i fattori extralinguistici, le modalità e le opposizioni spaziocognitive attraverso cui i parlanti costruiscono il proprio “spazio vissuto” e i relativi modelli di analisi e di interpretazione di dati molto complessi come quelli dell’ALS, si propone un’analisi spaziale dei dati lessicali a partire da una selezione di 10 tra punti e microaree dalla rete di rilevanti sociovariazionali ALS. In particolare, al fine di leggere le dinamiche di innovazione vs conservatività linguistica (connesse nel nostro caso al rapporto tra innovazione-perdita vs mantenimento del dialetto), i dati lessicali vengono analizzati secondo le dicotomie costa vs montagna/interno e grande centro vs piccolo centro attraverso cui i parlanti in entrambi i casi concettualizzano opposizioni collegate al dinamismo o alla recessività linguistico-sociale. L’obiettivo è quindi quello di evidenziare le correlazioni tra output metalinguistici e linguistici. a tale riguardo, si è constatato che i dati percettivi rappresentano un utile strumento per l’interpretazione dei fatti di lingua.

This paper deals with two different typologies of data deriving from the sociovariational questionnaire of the Atlante Linguistico della Sicilia (ALS): on the one hand, the data related to lexical knowledge and competence, on the other hand, the perceptual data regarding linguistic differences from a diatopic point of view. after introducing the extralinguistic factors, the means and the spatial-cognitive oppositions through which speakers structure their own “spazio vissuto” (“lived space”), as well as the interpretation patterns of complex data such as those of the ALS, the article proposes a spatial analysis of lexical outputs based on a selection of 10 spots and microareas from the ALS survey network. In particular, in order to investigate the dynamics of linguistic innovation vs linguistic maintenance (in this case, depending on the dialect innovation vs loss or maintenance), lexical data are analysed on the basis of the dichotomies coast vs mountain/inland and large town vs small town through which speakers conceptualise oppositions concerning social and linguistic dynamism or “recession”. The article is aimed at highlighting possible correlations between metalinguistic and linguistic outputs, showing how perceptual data represent useful patterns for the interpretation of linguistic issues.

Ferdinando Raffaele, «Scritture esposte in volgare siciliano. III. Le figure votive del Convento della Croce a Scicli», pp. 21-38

Lungo il solco di precedenti lavori e nel contesto di una più ampia indagine sulle scritture esposte in volgare siciliano, il presente articolo esamina, secondo una prospettiva storico-culturale e linguistica, le didascalie che corredano alcuni ex-voto originariamente affrescati all’interno del convento di Santa maria della Croce a Scicli (RG), e oggi allocati, nella medesima città, presso il museo dell’ex convento di Santa Teresa. I testi, databili al periodo compreso tra i primi anni del sec. XVI e il 1528, presentano una facies linguistica siciliana ben conservata, in un periodo in cui si registra nell’uso scritto il passaggio dal volgare siciliano a quello toscano, mentre la figurazione riflette alcune importanti istanze della cultura religiosa del tempo. L’articolo, in particolare, fornisce la ricostruzione dei testi, ne analizza i caratteri linguistici e propone una loro interpretazione nella prospettiva del rapporto che intercorre tra testo e immagine.

On the basis of previous research into inscriptions in the Sicilian vernacular, this article examines, from the perspective of cultural history and linguistics, the captions that explain some ex-voto originally frescoed in the Convent of Santa Maria della Croce in Scicli (Ragusa), now placed in the museum of the Convent of Santa Teresa, in the same town. The texts are datable to the period between the early years of the XVIth century and 1528 and present a well-preserved Sicilian linguistic facies, in a period in which the transition from the Sicilian to the Tuscan vernacular occurs, while the images reflect some important instances of the religious  culture of the time. The article, in particular, provides the reconstruction of texts, analyzes their linguistic characteristics and proposes their interpretation in the perspective of the relationship between text and image.

Fabio Ruggiano, «Le cicalate di don Pippo Romeo, accademico peloritano», pp. 323-386

Giuseppe, detto don Pippo, Romeo fu un membro influente dell’accademia dei Pericolanti di messina nella seconda metà del Settecento. Scrisse 16 operette che rientrano nel genere della Cicalata, o lezione in burla, creato dagli accademici della Crusca alla fine del Cinquecento e diffusosi, attraverso la rete delle accademie, in tutta Italia. Pur rispettando molti caratteri tipici del genere, Romeo introduce al suo interno alcune innovazioni che rendono le sue cicalate uniche. Spicca, tra queste innovazioni, la reinterpretazione in chiave teatrale, accompagnata dalla forma versificata. La lezione in burla cruscante è trasformata dal messinese in un monologo poetico narrativo-descrittivo, con il quale si intrecciano dialoghi con personaggi interpretati dallo stesso Romeo. Tipica del modo di comporre di questo autore è, poi, la commistione linguistica, tra italiano letterario, dialetto messinese, latino e  spagnolo. Attraverso questo espediente, Romeo raffigura la variopinta popolazione della città di Messina, ma, allo stesso tempo, dichiara la necessità di conservare invariato l’ordine sociale costituito, rivelando le sue idee aristocratiche e antilluministe.

Giuseppe, known as Don Pippo, Romeo was an influential member of the accademia dei Pericolanti of messina in the second half of the eighteenth century. He wrote 16 small works that belong to the genre of the Cicalata, or lezione in burla (lecture as prank), created by the academicians of the Crusca at the end of the sixteenth century and spread, through the network of academies, throughout Italy. While respecting many typical characteristics of the genre, Romeo introduces some innovations that make his cicalata unique. among these innovations, the reinterpretation in theatrical key stands out, accompanied by the versified form. The lecture as prank of the Crusca is transformed by the author from messina into a narrativedescriptive monologue, in which dialogues interweave with characters impersonated by Romeo himself. Typical of the manner of composing of this author is, then, the linguistic mixture, between literary Italian, messinese dialect, Latin and Spanish. Through this expedient, Romeo depicts the colourful population of the city of messina, but, at the same time, declares the need to preserve the established social order unchanged, revealing his aristocratic and anti-enlightenment ideas.

Sara Sorrentino, «Da Fontanazza a Terra matta: i tagli testuali e la punteggiatura sovrapposta », pp. 387-418

Fontanazza, l’autobiografia di 1027 pagine del cantoniere siciliano Vincenzo Rabito, è stata pubblicata in una versione ridotta nel 2007 con il titolo Terra matta nella collana einaudiana Supercoralli. Il presente articolo analizza i cambiamenti apportati al dattiloscritto originale in vista della pubblicazione con particolare attenzione ai tagli editoriali effettuati sul testo e alla normalizzazione interpuntoria condotta dai curatori. Parallelamente l’analisi si è concentrata sulla dimensione narrativa egotica dello scrivente di cui si osservano le modalità adottate nella gestione della narrazione.

Fontanazza, the 1,027-page autobiography of the Sicilian road-maker Vincenzo Rabito, was published in an abridged version under the title of Terra matta (2007) by einaudi in the Supercoralli series. This article aims to analyze the changes made to the original typescript in view of publication, with particular attention to the editorial cuts made on the text and the standardization of punctuation performed by the curators. Furthermore, the article focuses on the author’s self-centered narrative dimension and on the strategies adopted by Rabito to control his own narration.

Sarah Spence, «Reading against the Grain: Hypercorrection in a medieval Cicero», pp. 5-19

Nella versione ciceroniana del mito di Proserpina (Verrines II, 4), il rapimento della fanciulla ha luogo a Enna. La tradizione medievale tende a localizzare l’episodio dapprima sull’Etna, e poi, nuovamente, a Enna. Questa oscillazione, attiva fino al XIII secolo, permette di apprezzare come la definizione dell’impero si sia trasformata nel corso del medioevo, rimanendo, ciononostante, fondata  sull’asserzione cicerionana della centralità della Sicilia nell’immaginario medievale.

Cicero’s version of the myth of Proserpina (Verrines II, 4) states she was abducted from Enna. medieval versions first move that abduction to Etna, then back to Enna, for a complex series of reasons. Using the changing location of the abduction as a guide, we trace how the definition of empire shifts through the course of the middle ages while, nonetheless, remaining rooted in Cicero’s assertion of the importance of Sicily in the cultural imaginary.

Tobia R. Toscano, «Sestina siciliana a Firenze», pp. 137-146

Nel codice ashburnham 564 della Biblioteca medicea Laurenziana di Firenze si legge una sestina doppia in lingua siciliana attribuita a Giacomo Antonio Nobili, qualificato come «baron siciliano». nonostante la difficoltà di reperire notizie sulla biografia dell’autore, sconosciuto peraltro a dizionari e repertori bibliografici, il documento rivela una sua oggettiva importanza, trattandosi della prima testimonianza fin qui nota dell’impiego di tale forma metrica da parte di un siciliano, la cui attività, per essere egli destinatario, secondo la didascalia tramandata dal ms. a 8 Sup. della Biblioteca ambrosiana di milano, di un sonetto di Cosimino Rucellai (morto nel 1519), può ragionevolmente essere collocata a cavallo tra secondo e terzo decennio del Cinquecento.

Manuscript ashburnham 564, held in the Biblioteca medicea Laurenziana in Florence, offers a double sestina in Sicilian. This is attributed to Giacomo Antonio Nobili, therein defined as a «Sicilian baron». although it is not easy to find biographical information about the author, who is not mentioned in biographical dictionaries, the document is extremely important, since it is the first known  record of the use of this kind of metrical form by a Sicilian author. nobili’s production may be reasonably placed between the second and the third decade of the sixteenth century, since he was the addressee (ms. a 8 Sup. in the Biblioteca ambrosiana in milan) of a sonnet by Cosimino Rucellai (d. in 1519).

 

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